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IL MICROTONO DELL'UMORE

Arduino Sacco Editore

Collana poesia

Pag. 126

€ 10,90

Anno di pubblicazione: 2015

ISBN: 978-88-6951-080-9

Disfunzioni emozionali, piccole variazioni dell’umore che solo i poeti o chi soffre di disturbi della personalità ha la sensibilità di percepire.

Brevi spostamenti dell’umore avvertibili come i salti microtonali delle note che, seppur minimi, cambiano totalmente l’atmosfera della musica. Il rapporto tra salute mentale e poesia attraverso la descrizione degli "insani poeti".


Maggiori informazioni

http://www.arduinosaccoeditore.eu/products/il-microtono-dellumore/

 

Il microtono dell’umore di Valerio incerto si presenta come una prosa poetica, dove la critica sociale e il dissenso rispetto all’establishment e all’intellighenzia culturale sembrano convivere con una sana ironia e con certe tendenze surrealistiche.

L’autore appare amante di una naturale, quasi biologica, controtendenza, di un “essere contro” senza nessuna sovrastruttura posticcia e senza ostentazione; un amante-weirdo – diciamo parafrasando lo stesso Incerto – che usa un linguaggio spesso crudo, senza imbelletto, a tratti sarcastico.

Incerto usa l’ironia come arma caustica contro lo scimmiottamento del poetare “ruffiano”, delle acritiche e obnubilanti tendenze New Age, del teatrare fine a se stesso o come vanesia ricerca di un pubblico supinamente applaudente (con il teatrante che si autoincensa).

Liriche “di sostanza” che sembrano strizzare l’occhio al Pasolini “dei capelloni”: « [...] infine non rinnego questo mio look trasandato / fu sempre un mio preciso giudizio sul mondo». Contrasti e contraddizioni, individuali e collettivi, sono al centro dell’universo poetico di Incerto; incoerenze dell’esistenza che sfociano spesso in una rovente critica all’italiano medio/mediocre, quello dello scarso senso civico e profondamente ignorante, nonostante l’erudizione scolastica: «Quello che De Nicola non sapeva è che l'opera / presupponeva l'esistenza di un cittadino maturo / che avesse buona memoria e avesse appreso / le lezioni della storia».

La sferza di Incerto non risparmia certi poeti e un certo tipo di poesia (ma il discorso si può allargare alla cultura in generale), che fa della quantità e della superficialità il proprio metro di misura: «[...] quando abbozza un discorso non è mai un discorso finito / è ridotto a ricordare solo aforismi e scritte sui muri / ha il nozionismo letterario per religione». Tra le righe si percepisce un urlo contro le poche attenzioni che vengono rivolte alla cultura e un omaggio al coraggio dei tanti artisti (della parola, del suono, del colore, della pellicola, ecc.) che vanno avanti nonostante la situazione “ufficiale” si muova in direzione opposta a quella di una rinascita culturale.

All’autore non sfuggono poi alcune situazioni pseudoculturali, tipiche di chi si improvvisa operatore di cultura, accompagnate da condotte che vedono complici istituzioni e piccoli arrivisti: «Laddove, però, la tradizione / diventa attrazione turistica / perde il suo fascino e la sua naturalezza / anche nei posti originari». Pungente e puntuale l’osservazione della società, dei suoi limiti e delle sue debolezze, con l’occhio sempre puntato all’individuo come essenza di umanità e mai come anonimo numero.

Una nota di speranza, tuttavia, sembra affacciarsi dall’orizzonte poetico di Incerto, una nota di forza dell’ideale (non di cervellotico idealismo), del sogno come dimensione umana reale e non solo onirica, dell’arte come fine e non come mezzo: «Ridi Miriam, ridi / sia il necessario / che il ridondante / andrebbe bene; // anche se ne basterebbe uno / a salvarli tutti, / anche un sorriso solo, Miriam / e li salvi tutti».

Luciano Pagano - Musicaos Editore

 

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