top of page

" Le fotografie non restituiscono ciò che è stato ma ripropongono in un lancinante presente ciò che non è."

V. I.

"Siamo malati di tecnicismi, in un'opera d'arte visiva guardiamo la composizione, il supporto, la cornice, le dimensioni, il peso, la "foto che si nasconde sotto", i materiali, la tecnica pittorica, le geometrie, la sezione aurea, la "posizione delle mani", la definizione...

e non guardiamo l'opera in sé, che non è la somma di questi elementi, ma è quello che rimane una volta tolti gli elementi stessi."

V.I.

Dal 1995 al 2010 lavora come tecnico di laboratorio di fotografia nell'ITIS Galilei di Milano, dove ha modo di provare il bianco e nero in camera oscura e di passare in seguito al digitale.

 

La sua ricerca fotografica si sviluppa in quattro filoni:

 

1 - Meridiani nomadi (Street photography)

2 - Toponomastica degli odori (reinterpretazioni di oggetti d'uso quotidiano)

3 - Annessi tegumentari (fotografia astratta)

4 - Umidità atletica

 

 

Non sono molto interessato alle persone ma piuttosto a quello che lasciano, a come trasformano il paesaggio; nelle mie foto la vita è appena passata o è in controcampo. Le persone sono più come emanazioni del paesaggio, o come nella fotografia di Eggleston, prolungamenti del paesaggio.

 

"Meridiani nomadi" è un ossimoro e vuole esprimere l’idea di una persona che si comporta come un meridiano in movimento: così come un meridiano tocca più paesi una persona è come un meridiano che viaggia portando con sé i posti che ha visitato.

In "Meridiani nomadi" c’è sempre o quasi un elemento di disturbo o qualcosa di straniante che a volte è ironico, quasi mai drammatico. 

 

In "Toponomastica degli odori", mi piace evidenziare questi soggetti marginali ma quotidiani, con i quali tutti abbiamo a che fare ma sui quali lo sguardo si posa malvolentieri: quando a William Eggleston gli domandarono perché fotografasse soggetti marginali o la natura colta nei suoi aspetti meno eclatanti lui rispondeva: " mi piace andare in giro a fotografare "democraticamente".

Un po’ per la stessa ragione non tocco mai i soggetti prima di fotografarli, mi sembra quasi un tentativo di "inquinare le prove".

 

Gli "Annessi tegumentari" rappresentano una ricerca attraverso sovrapposizioni di foto realistiche dove si ottengono degli astratti che nascondono l'oggetto, ne diventano una pelle nuova, una pelle artificiale che ricopre gli oggetti e le persone, una pelle che sfugge al suo corpo, un cuoio che cambia a seconda dell'illuminazione che riceve.

 

"Ciò che colpisce di lui nella sua fotografia è la sincerità. Non sono mai immagini esagerate. Piuttosto descrivono l'amore della scoperta, la capacità di essere ancora meravigliato del quotidiano, la speranza di chi vuole aiutarci a leggere ciò che si vede per sapere anche ciò che non si vede"

E. Maffeo (Art Curator)

bottom of page